martes, 12 de julio de 2011

Muore il filosofo Adolfo Sánchez Vázquez, americano di adozione.

Nato in Spagna, esiliato in Messico (1940), lascia importanti contributi all'estetica marxista.

   Per la serena scomparsa – all'età di 95 anni - di Adolfo Sánchez Vázquez, pubblichiamo  l'introduzione a una tesi di laurea sull'estetica del filosofo. L'invito è comunque quello di leggere i suoi scritti, che hanno avuto il gran merito di aiutare il marxismo ad uscire dall'ortodossia stalinista. Da giovane ha partecipato alla Guerra Civile Spagnola (1936-39) resistendo sino all'ultimo giorno dalla parte della Repubblica, ma poi la vittoria dei Franchisti l'ha  obbligato all'esilio. Intellettuale, scrittore e poeta tra i combattenti repubblicani, è dall'America che arrivano i suoi contributi al marxismo.  Segue la traduzione in spagnolo dell'introduzione alla tesi.

Introduzione a “L'estetica di Adolfo Sánchez Vázquez”
    A partire dagli anni ’60, nel corso del processo di “destalinizzazione”, l’estetica marxista ha abbandonato le posizioni meccaniciste –sociologiche ed ideologiche- per ricollegare il marxismo alle sue origini. I nuovi esteti sono partiti dai presupposti di un materialismo dialettico per comprendere la complessità dei fenomeni dell’arte contemporanea, abbandonando quelle posizioni dogmatiche che stendevano un velo sulla comprensione di tali fenomeni.

    La contingenza storica in cui l’estetica marxista visse questa svolta –da un lato, la voglia di riscattare il marxismo dalle deformazioni dello stalinismo; dall’altro, i primi risultati della Rivoluzione Cubana (1959), che esprimevano l’attualità e l’attuabilità dei principi marxisti- diede un forte impulso al suo studio; questo processo portò l’estetica marxista a dare spiegazioni più profonde rispetto alle teorie idealiste ed irrazionaliste circa il significato umano dell’attività artistica in generale.

    Come ha fatto notare José María de Quinto sulla rivista Ínsula (num.258. Madrid, Maggio, 1968),  l’apparizione de Las ideas estéticas de Marx (1965) di Adolfo Sánchez Vázquez non rappresentò solo un contributo alla sistemazione delle idee estetiche marxiste, ma venne a rompere lo storico “tabù” degli intellettuali spagnoli col marxismo. “Casi todos –scrive J.M. de Quinto- han venido hurtando el bulto desde antiguo, ignorando deliberadamente o apenas concidiendo atención a tal pensamiento”. In questo deserto irruppe la figura di Adolfo Sánchez Vázquez, uno dei protagonisti della diaspora che aveva costretto gli intellettuali spagnoli a sparpagliarsi per il mondo. Appartenente alla generazione che visse da giovane le esperienze della guerra civile spagnola (1936-39), il filosofo maturò culturalmente durante l’esilio, soffrendo lo status di esiliato, ma traendo un grosso vantaggio dalla condizione di libertà in cui riuscì a sviluppare i suoi lavori. Questa situazione gli permise di dotare le sue riflessioni di un’invidiabile oggettività e lungimiranza, tanto da suscitare reazioni e dibattiti costruttivi intorno ad una filosofia –il marxismo, appunto- che nel mondo degli intellettuali spagnoli era rimasta al margine dei dibatti filosofici.

    Il presente lavoro si inserisce nel quadro dell’analisi del contributo culturale che gli esiliati spagnoli seppero dare in America Latina, ed in particolare in Messico. La scelta di analizzare le idee estetiche di Sánchez Vázquez è nata dalla curiosità per la sua concezione del rapporto tra arte e lavoro, intese come sfere dell’attività umana che possono condurre tanto all’alienazione quanto allo sviluppo della personalità. Il filosofo rivolse la sua attenzione a quest’argomento dopo aver letto gli scritti del giovane Marx, che lo condussero a guardare il marxismo non più come una teoria capace di dare spiegazioni socio-economiche, bensì come una filosofia con una base ontologica, fondata su una concezione dell’uomo come essere libero e creatore, da opporre alla condizione inumana di sudditanza e di alienazione. L’attenzione dell’elaborato è pertanto rivolta alla sua interpretazione delle idee estetiche di Marx, a cui fanno seguito delle considerazioni sullo sviluppo della produzione e del godimento artistico nella società capitalista.

    [Ciao Adolfo. Sei stato un maestro che non conoscerò, ma ho sempre con me i tuoi scritti a cui fare domande.]
Fabio Avolio
Tesi: “L'estetica di Adolfo Sánchez Vázquez”
Università degli Studi di Napoli “L'Orientale” - 2005
La estética de Adolfo Sánchez Vázquez
Tesis de licenciatura en lengua y literatura española
Universidad “L’Orientale” de Nápoles (2005)

INTRODUCCIÓN

A partir de los aňos '60, en el transcurso del proceso de “destanilizaciòn”, la estética marxista ha abandonado las posiciones mecanicistas – sociològicas e ideològicas – para reconectar el marxismo a sus orìgenes. Los nuevos estetas arrancaron por los presupuestos de un materialismo dialéctico para comprender la complejidad de los fenòmenos del arte contemporanea, abandonando aquellas posiciones dogmàticas que bajaban una cortina sobre la comprensiòn de tales fenòmenos.
    La contingencia històrica en la cual la estética marxista viviò este cambio – por un lado, la voluntad de rescatar el marxismo por las deformaciones del estalinismo; por otro, los primeros resultados de la Revoluciòn Cubana (1959), que expresaban la actualidad y la actuabilidad de los principios marxistas – diò un fuerte impulso a su estudio; este proceso llevò la estética marxista a dar explicaciones màs profundas acerca de las teorias idealistas e irracionalistas sobre el sentido humano de la actividad artìstica en general.
    Asì como lo hace notar José Marìa Quinto, [1] la apariciòn de Las ideas estéticas de Marx (1965) de Adolfo Sànchez Vàzquez no representò solo un aporte a la sistematizaciòn de las ideas estéticas marxistas, sino llegò a romper el històrico “tabù” de los intelectuales espaňoles con el marxismo. “Casi todos - escribe J.M. de Quinto - han venido hurtando el bulto desde antiguo, ignorando deliberadamente o apenas concidiendo atención a tal pensamiento”.[2] En este desierto cabe la figura de Adolfo Sànchez Vàzquez, uno de los protagonistas de la diàspora polìtica que habìa obligado a los intelectuales espaňoles a esparcerse por el mundo. Perteneciente a la generaciòn que viviò de jòven las experiencias de la guerra civil espaňola (1936-39), el filòsofo madurò culturalmente durante el exilio, padeciendo el estatus de exiliado, pero sacando a la vez gran provecho por la condiciòn de libertad en la cual logrò desarrollar sus trabajos. Esta situaciòn le permitiò cargar sus reflecxiones de una invidiable objetividad y alcance, hasta solicitar reacciones y debates constructivos alrededor de una filosofìa – el marxismo – que en el mundo de los intelectuales espaňoles habìa quedado al margen de los debates filosòficos. [3]
    El presente trabajo se enmarca en la anàlisis del aporte cultural que los exiliados espaňoles supieron dar en América Latina, y en particular en México. La elecciòn de analizar las ideas estéticas de Adolfo Sànchez Vàzquez naciò por la curiosidad para su concepciòn de la relaciòn entre arte y trabajo, entendidas como esferas de la actividad humana que pueden llevar tanto a la enajenaciòn cuanto al desarrollo de la personalidad. El filòsofo orientò su atenciòn a este asunto después de haber leido los escritos del joven Marx, que lo llevaron a mirar al marxismo ya no solo como una teorìa capaz de dar explicaciones socio-econòmicas, sino como una filosofìa con una base ontològica, fundada en una concepciòn del hombre y de la mujer como seres libres y creadores, concepciòn opuesta a la condiciòn inhumana sumisa y enajenada. La atenciòn del libro de Sànchez Vàzquez  es orientada a la interpretaciòn de las ideas estéticas de Marx, seguidas por las consideraciones del filòsofo sobre el desarrollo de la producciòn y del goce artìstico en la sociedad capitalista.





[1]          J.María de Quinto, “Las ideas estéticas de Marx”, en Ínsula, num.258. Madrid, Maggio, 1968, pp. 24-30.  
[2]             Ibidem, p.25.  
[3]             Ibidem, p.27.